Le “Teste di Moro”: una Storia d’Amore, Gelosia e Vendetta dietro un’icona della Sicilia

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20 Dicembre, 2019
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newtechrev
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Passeggiando per le vie siciliane è facile rimanere incantati dinanzi alle maestose Teste di Moro, in siciliano note anche come “Graste”, che da secoli arricchiscono e colorano le balconate di questa magnifica terra. Figlie di una tradizione millenaria, queste prestigiose opere d’arte dalla raffinata manifattura artigianale non nascono da una deliberata fantasia artistica, esse trovano tutte un’origine comune in un’antica leggenda: protagonisti di questa struggente vicenda un giovane Moro e una bellissima fanciulla siciliana.

Se non hai modo di leggere e preferisci ascoltare questa è la lettura dell’articolo sul canale Youtube di Vanilla Magazine:

Il Moro e la Fanciulla Vendicativa

Secondo la leggenda, intorno all’anno 1000, nel pieno della dominazione dei Mori in Sicilia, nel quartiere arabo di Palermo “Al Hàlisah” (che significa la pura o l’eletta) oggi chiamato Kalsa, una bellissima fanciulla viveva le sue giornate in una dolce quanto solitaria quiete, dedicando le sue attenzioni all’amabile cura delle piante del suo balcone. Dall’alto del sua balconata fiorita, ella venne un giorno notata da un giovane, un Moro. Sopraffatto da una violenta passione per essa, il giovane Moro non esitò un attimo a dichiararle il suo amore. La giovane, colpita dalla promessa d’amore ricevuta, accolse e ricambiò con passione il sentimento dell’ardito corteggiatore.

Eppure il giovane, che non si era fatto scrupolo alcuno nell’abbandonarsi alle più dolci profusioni amorose, in cuor suo celava un gravoso segreto:

Moglie e figli lo attendevano difatti in Oriente, in quella terra nella quale egli doveva fare ora ritorno

La fanciulla distrutta nell’apprendere una tale notizia ed amareggiata per quell’amore tradito che si accingeva ora ad abbandonarla, fu colta da un’ira funesta che la spinse inesorabilmente ad imboccare la strada della vendetta. Ella meditò di cogliere il momento di maggiore vulnerabilità dell’uomo per ricambiare l’impietosa slealtà precedentemente subita.

Così nella notte, mentre egli caduto in un sonno profondo e riposava ignaro della sua sorte, ella colse l’attimo propizio e lo colpì mortalmente. Il moro che l’aveva amata e che si accingeva a partire ora non l’avrebbe più abbandonata. Decise inoltre che il volto di quel giovane, a lei eppur caro, sarebbe dovuto rimanere al suo fianco per sempre, perciò senza esitazione alcuna tagliò la testa del giovane creando con essa un oggetto simile a un vaso, e vi pose all’interno un germoglio di basilico.

Sotto, Busto a vaso antropomorfo, testa di Moro in ceramica di Caltagirone (Sicilia) modellata e dipinta a mano. Opera di Agatino Caruso.

La scelta di piantarvi del basilico fu sancita dal fatto che, come ella ben sapeva, questa odorosa pianta (dal greco “Basileus – Re“), si accompagna da sempre a un’aura di sacralità, rappresentando difatti l’erba dei sovrani; in tal modo, nonostante il terribile atto compiuto, ella perseguiva il dissennato amorevole fine di continuare a prendersi cura del suo adorato.

Depose infine la testa sul suo balcone, dedicando ogni dì alla cura del basilico che in essa cresceva. Ogni giorno le lacrime della giovane bagnavano la pianta regale, che cresceva divenendo sempre più florida e rigogliosa. I vicini, pervasi dal profumo del basilico e guardando con invidia la pianta che maturava in quel particolare vaso a forma di Testa di Moro, si fecero realizzare vasi in terracotta che riproponevano le stesse fattezze di quello amorevolmente custodito dalla fanciulla.

Oggi ogni Testa di Moro che viene prodotta reca una corona, un elemento sempre presente volto a riproporre la regale pianta che originariamente impreziosiva la testa del giovane Moro protagonista della triste vicenda.

Gli Amanti Decapitati

Secondo un’altra versione della leggenda, la fanciulla siciliana sarebbe stata invece di nobili origini, e visse un amore clandestino con con un giovane arabo, ma questo amore impossibile venne ben presto scoperto ed il disonorevole atto punito con la decapitazione di entrambi i giovani innamorati.

La vergogna di questo amore sarebbe stata inoltre proclamata dall’affissione di entrambe le teste (tramutate per l’occasione in vasi) su di una balconata. Lo scempio, esaltato da queste teste poste alla mercé dei passanti, sarebbe stato in tal modo un monito fattivo contro ogni altra possibile sconveniente passione. Per tale motivo le teste di Turco verrebbero realizzate in coppia, in ricordo e in onore dei due innamorati assassinati.

La leggenda che spiega l’origine delle preziose Teste di Moro, anche dette Teste di Turco (in siciliano la parola “Turchi” è usata in genere per indicare le persone di colore, indipendentemente dalla regione di origine, e venne usata per indicare le origini orientali del giovane Moro), ha nutrito negli anni la creatività degli artigiani palermitani diffondendosi in seguito tra le creazioni dei maestri artigiani del resto dell’isola le cui magistrali opere adornano oggi molte delle balconate siciliane.

I Mori di Caltagirone

In particolare sono rinomate le Teste di Moro di Caltagirone, luogo principe per la produzione di ceramiche di altissima qualità. Una produzione divenuta nei secoli fiore all’occhiello della città, anche per via del suo ricco passato di dominazioni greche, bizantine, arabe, genovesi e normanne, che hanno portato (in particolare durante la presenza greca e araba) allo sviluppo della preziosa arte dei ceramisti siciliani.

In seguito anche il mondo della moda (ne è un esempio la collezione Dolce & Gabbana), ha colto l’essenza artistica di queste creazioni uniche nel lore genere e strettamente connesse al territorio, in una commistione di arti, stili e atmosfere ed in un celebrativo omaggio ad una sicilianità antica, ricolma di una peculiare ed inespugnabile bellezza.

Fonte: Vanilla Magazine

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